Le patate sono al tempo stesso un prodotto fresco, una verdura e un farinaceo. Più correttamente, si tratta di tuberi commestibili che si ricavano dalle piante della specie Solanum tuberosum, pianta perenne che appartiene alla famiglia delle Solanacee. Dal punto di vista botanico, la pianta si presenta con un fusto eretto, erbaceo e ramoso, di altezza che in genere si aggira intorno ai 50 cm; in basso si sviluppano alcuni rami sotterranei che, alle estremità, si ingrossano in organi carnosi, ricchi di riserva nutritiva, ovvero i tuberi, che sono dunque rigonfiamenti sotterranei del fusto. Da giovane, il tubero mostra epidermide, corteccia e cilindro vascolare col suo midollo centrale, oltre che foglie rudimentali a squama e gemme dormienti, che vengono volgarmente definite “occhi della patata”. Quando invece è completamente sviluppato, la buccia (periderma, formato da strati di cellule suberose) sostituisce l’epidermide, svolgendo un’azione protettiva verso la parte interna, evitando il marcimento, la contaminazione di funghi e batteri e l’eccessiva perdita d’acqua; nella parte interna, la massa di tessuti diventa sede di accumulo di amido, mentre dei fasci fibrovascolari si dirigono verso gli occhi; sotto l’azione della luce, i tessuti della parenchima corticale producono clorofilla e dunque diventano verdi (motivo per il quale le patate vanno conservata intere al fresco e al buio).
La forma delle patate varia in base alle differenti varietà, e può essere rotondeggiante, reniforme, oblunga o a clava; i colori della buccia esterna sono invece fondamentalmente due, gialla o rossa, così come quelli della pasta interna, che assume tonalità bianche o gialle.
Oggi le patate sono l’alimento più consumato e più coltivato al mondo, e per molte popolazioni costituiscono l’alimento base, sostituendo il pane: secondo dati FAO, la produzione mondiale di questo tubero si attesta intorno ai 367 milioni di tonnellate, con Cina, India e Russia a guidare la classifica delle nazioni, mentre è l’Europa che detiene la maggiore concentrazione di superficie. Tra i vari impieghi, oltre a quello domestico e gastronomico, questo ortaggio trova spazio nell’industria alimentare per la produzione di fecola, amido, destrina, glucosio, oltre che per la distillazione di alcool e per l’alimentazione zootecnica; sul mercato, poi, sono disponibili prodotti confezionati, precotti o surgelati.
Furono gli spagnoli di Pizarro (e non dunque Cristoforo Colombo con i suoi uomini) i primi europei a scoprire la coltivazione e l’utilizzo delle patate, nel corso delle loro spedizioni lungo la Cordigliera Andina, a metà Cinquecento; questo tubero, infatti, ha origine sudamericana, e in particolare presso le civiltà Azteca e Incas di Perù, Bolivia e Messico: per gli abitanti del Vecchio Continente che la mangiarono per la prima volta, il suo gusto era simile a quello della castagna. Il nome patata, invece, fu mutuato per somiglianza con il tubero dolce sviluppato nelle aree tropicali americane, ma in origine per i locali era “papa”.
In Italia giunsero anche più tardi, nel XVI secolo, attraverso l’azione dei padri missionari, che cercano di diffondere la coltivazione, senza però troppo successo, anche a causa delle intossicazioni dovute al consumo di foglie e frutti, che sono velenosi per la presenza di solanina. Fu durante la grande carestia di grano del 1663 in Irlanda che si cominciò ad apprezzare il valore nutritivo delle patate, che però erano considerate un alimento per classi umili, o destinate al rancio militare. A metà Settecento, poi, il farmacista e agronomo francese Antoine-Augustin Parmentier propose la “pomme de terre” a un concorso per nuovi cibi contro la carestia, descrivendolo come un pane già fatto che non aveva bisogno né di mugnaio né di fornaio. Così, e sotto l’esigenza dettata da una nuova carestia (1785), il re Luigi XVI impose l’obbligo di coltivare patate, a cominciare dal terreno al Campo di Marte, guardato a vista dai soldati reali, per creare aspettativa e curiosità nei nobili e nei contadini; lo spirito di emulazione e la cupidigia per questi “prodotti proibiti” fecero la loro parte, e già nel periodo della Rivoluzione francese la patata era un alimento diffuso, e a inizio Ottocento entrò anche nella “Haute Cuisine” attraverso la ricetta delle crocchette inventata dallo chef Marie Antoine Carême.
La classificazione delle patate viene in genere effettuata prendendo in esame le caratteristiche della polpa, che si presenta più soda in quelle a pasta gialla, più farinosa invece in quelle a pasta bianca, che determinano anche differenze per gli impieghi in cucina: i tuberi a pasta gialla sono maggiormente adatti per fritture, insalate e cotture che prevedono utilizzo intero o a pezzi; quelli bianchi, invece, risultano preferibili in preparazioni in cui serva il prodotto sfarinato, come purè e crocchette. Possiamo dunque ritrovare quattro principali tipologie di patate in commercio: patate a pasta gialla con polpa compatta, che devono il colore alla presenza di caroteni e sono diffuse per la realizzazione di patatine fritte (sia casalinghe che industriali), oltre che di insalate e cotture in forno; patate a pasta bianca con polpa farinosa, solitamente di forma allungata e adatte a essere schiacciate (e dunque per creare gnocchi, purè o crocchette); patate novelle, con la tipica buccia sottile, raccolte a maturazione incompleta e di dimensioni più piccole e forma tondeggiante; patate a buccia rossa e pasta gialla, caratterizzate dalla polpa soda che ne fa elemento ottimale per cotture intense come frittura, cartoccio e forno.
Ognuna di queste macrocategorie presenta delle sottovarietà: tra le patate a polpa bianca citiamo la Majestic bianca, proveniente dal Trentino e dall’Alto Adige, mentre tra quelle a polpa gialla ricordiamo la Tonda di Berlino e la Bintje, a forma allungata, creata dagli Olandesi e coltivata anche in Emilia Romagna.
Le patate sono molto popolari in tutto il mondo, con impieghi sia gastronomici “diretti” che industriali. Ad esempio, questo prodotto viene trasformato industrialmente per realizzare alimenti come cibi pronti e semipronti di quasi ogni tipo, da patatine fritte a quelle surgelate. Altro elemento importante è la produzione di fecola, ossia di amido, che trova larga diffusione nel settore alimentare come addensante per salse, specie in pasticceria, ma anche per le conserve di ortaggi e di carni. Le patate congelate sono il prodotto più diffuso al mondo (e più servito nei ristoranti e fast food per la frittura), con un consumo di 11 tonnellate all’anno; vanno poi citate ancora gli snack a base di patate, ovvero le patatine imbustate, ottenute friggendo fettine sottili di ortaggio o attraverso impasti di fiocchi disidratati.
In cucina, le patate sono il prodotto vegetale al quale sono dedicate più forme di preparazione: possono infatti essere cotte con e senza buccia, intere o a pezzi (e nelle forme più disparate), con e senza condimenti aggiuntivi, e poi ancora in forno, al vapore, bollite, fritte o al microonde. Non c’è limite alla possibilità di creare ricette con le patate: nel nostro Paese sono ingrediente fondamentale per preparare gnocchi e purè, oppure accompagnare i pasti attraverso cotture bollite, al forno, arrostite o saltate, o ancora offrire il loro contributo di sapore a minestre o zuppe. Non a caso, sono numerose le ricette tipiche regionali che si basano proprio su questo ortaggio, come il gâteau di patate tipico di Campania, Lazio e Calabria, la “mbriulata” della Sicilia, la pasta e patate ancora campana, la pitta pugliese. A livello europeo, sono da citare il rösti in Svizzera e la shepherd’s pie in Inghilterra, ma come accompagnamento sono diffuse in Germania, Francia, Irlanda, Scandinavia (in particolare le patate novelle, considerate piatto prelibato e contorno ideale alle aringhe del Mar Baltico), mentre le patatine fritte sono un orgoglio nazionale in Francia, Belgio e Stati Uniti d’America.
Accanto alla grande versatilità, le patate devono il loro successo a importanti caratteristiche nutrizionali, complementari e diversificate, che si dimostrano preziose per l’organismo. Innanzitutto, da un punto di vista dietologico, questo tubero ha il vantaggio di contenere meno calorie rispetto a pane e pasta: una porzione di 100 grammi di patate apporta 90 kcal, contro le 270 kcal medie del pane e le 346 kcal delle paste di semola. Questo però non significa che è un alimento povero di proprietà: innanzitutto, contiene una grande concentrazione di fecola, che fornisce una buona capacità energetica, grazie anche all’apporto del glucosio dell’amido, e favorisce un senso di sazietà; inoltre, le patate forniscono anche proteine, vitamine (la K, la J e quelle appartenenti al gruppo B) e sali minerali (come potassio, fosforo, magnesio, cloro e alluminio). L’elemento più importante è forse la vitamina C (la patata è tra i pochi farinacei a contenerla), che svolge azioni di tipo antiossidante e migliora l’assorbimento del ferro: per ottenere tutti i benefici, è preferibile cuocere la patata al vapore e con la buccia. Il metodo di cottura, infatti, può influenzare anche in maniera notevole l’apporto di elementi nutritivi delle patate: ad esempio, le patatine fritte sono decisamente più caloriche, e pertanto il loro consumo andrebbe limitato per evitare effetti negativi sul lungo periodo.
In generale, e per concludere, è possibile dire che le patate possiedono proprietà energetiche, ma anche diuretiche ed emolienti, e svolgono azioni protettive sulle mucose gastriche: il loro consumo, dunque, può essere utile in caso di emorroidi (favoriscono infatti la formazione e l’espulsione di feci abbondanti e morbide), oltre che di patologie come ulcera, gastrite e colite.
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