Che cos’è il burro
Il burro è un’emulsione principalmente di minuscole goccioline d’acqua, in cui sono disciolti zuccheri e proteine (ovvero, caseine e lattosio), ed è il prodotto della lavorazione delle creme di latte vaccino, ovvero la parte grassa, che viene separata dal siero e condensata con diverse tecniche. Secondo il Reg. UE 2991/94, il burro deve rigorosamente essere ricavato da crema di latte di vacca o siero di latte e deve rispondere a precisi requisiti chimici, fisici e organolettici, e in particolare contenere almeno l’80% di grassi e al massimo il 16% di acqua; quello in vendita in Italia presenta in media l’82% di grassi.
Per ottenere un chilo di burro è necessaria una quantità pari all’incirca a 24 chili di latte, immessi nel processo di produzione che avviene attraverso due differenti metodi di lavorazione, l’affioramento e la centrifuga.
Il prodotto finito è un fluido di aspetto solido e consistenza abbastanza morbida, che presenta un punto di fusione che è prossimo alla temperatura dell’ambiente, almeno nelle zone temperate (il rammollimento avviene infatti tra i 28 e i 33 °C); il colore, invece, è variabile da tonalità di bianco latte a sfumature più intense di giallo, e dipende in particolare dall’alimentazione degli animali (il colore più chiaro è frequente nel periodo invernale, quello giallo invece d’estate perché gli animali mangiano più cibi con carotenoidi naturali).
Come si produce il burro
La burrificazione è un procedimento piuttosto lungo, ma non complesso. Si parte dalla estrazione della crema di latte che, come detto, si differenzia in due principali modalità. Nella tecnica dell’affioramento si lascia riposare il latte vaccino per un tempo che varia dalle 8 alle 12 ore, che serve affinché la parte lipidica del latte (definita panna o crema di latte), essendo meno pesante, affiori in superficie separandosi dalla parte liquida. È invece meccanico il procedimento della centrifuga, attraverso il quale una macchina fa girare il latte a grande velocità, separando la parte grassa da quella liquida: questo è lo standard generalmente utilizzato per produzioni estere. Gli esperti considerano più efficace questo secondo metodo, che offre anche risultati qualitativamente migliori, anche perché il processo di affioramento è più lento e rischia di far inacidire la crema o consentire la proliferazione di microorganismi indesiderati; in realtà, però, in Italia continua a prevalere questa tecnica, sia per motivi economici, sia per la predominanza della produzione di formaggi come Grana Padano e Parmigiano Reggiano, che relegano il burro a “seconda scelta”.
Tornando alla nostra crema di latte separata, il successivo passaggio consiste nella pastorizzazione a temperature dai 90 ai 100° C, che serve a sanificare il prodotto e sciogliere del tutto i globuli di grasso; seguono il raffreddamento, che dona al burro la tipica consistenza, e la burrificazione vera e propria, che elimina ogni residuo di acqua grazie alla zangolatura; le fasi finali di questo processo sono un lavaggio in acqua fredda e una nuova amalgama definitiva, prima di arrivare a creare i tipici pani di burro.
Storia del burro
La burrificazione può essere considerata uno dei primissimi procedimenti inventati dall’uomo per conservare i grassi del latte, e infatti se ne ritrovano notizie in documenti archeologici risalenti alle popolazioni dell’Asia ben duemila anni prima di Cristo. Una ulteriore testimonianza dell’antica storia del burro la offre Plinio il Vecchio, che lo definisce “alimento raffinato dei popoli barbari”, mentre nel Medioevo questo prodotto fu vietato nei periodi di digiuno e Quaresima per la sua origine animale. Nel Novecento, infine, il burro si diffuse in maniera più forte, ma al Sud Italia aveva un valore quasi “sociale”, distinguendo le famiglie benestanti, che potevano permettersi l’acquisto, da quelle più povere, che invece erano costrette a utilizzare solo l’olio d’oliva prodotto localmente.
Varietà di burro
La prima grande differenza nell’ambito di burro è data dall’origine del latte utilizzato nella produzione; se, infatti, la legge italiana prevede che il burro commercializzato senza ulteriori aggettivi può derivare solo da latte di vacca, senza grassi diversi aggiunti, esistono comunque altre tipologie, come il burro di bufala, particolarmente diffuso in Campania, il burro di yak del Tibet, o semplicemente il burro di capra, tipico delle Alpi.
Altra differenza è poi nella tecnica di produzione, che abbiamo descritto poco sopra, che demarca differenze qualitative: è possibile perciò distinguere il burro centrifugato, proveniente da latte appena munto e di alta qualità; il burro di affioramento (o di caseificio), che invece è quasi un sottoprodotto di altre produzioni casearie; il burro grezzo (o zangolato di creme fresche), che in realtà attende il completamento della rifusione e della pastorizzazione; il burro di siero, che è un sottoprodotto di grassi residui nel siero di origine casearia, e non direttamente del latte.
In base al contenuto di grasso, invece, il burro può ulteriormente distinguersi in burro leggero a ridotto tenore di grasso (tra il 60 e il 62%) e in burro leggero a basso tenore di grasso (scende a 39-41%), e in commercio si trovano anche il burro a ridotto contenuto di colesterolo (ridotto del 75-80% circa rispetto al tradizionale) e il burro concentrato o chiarificato, che invece conserva più del 99,8% di grassi e viene usato soprattutto per friggere. Da citare, infine, anche il burro salato tipico del Nord Europa e degli Stati Uniti (dove può anche tenere conservanti); proprio in America è diffusissimo poi un altro alimento che in comune con questo di origine animale ha solo il nome, ovvero il burro di arachidi (derivato appunto da queste piante).
Utilizzi in cucina del burro
Il burro è un alimento che si presta a numerosi impieghi in ambito gastronomico, e in pratica può essere utilizzato per realizzare ogni tipo di portata, dagli antipasti al dessert. Questo latticino, ad esempio, rende le tipiche tartine più morbide e saporite, pronte ad accogliere gli altri ingredienti, ma può essere anche consumato a crudo, come crema da spalmare (aggiungendovi magari spezie come rosmarino, aglio e basilico per realizzare il burro composto); diventa utile per mantecare i risotti, ma anche come pratico e saporito condimento di primi in abbinamento a pastasciutta, tortelli o gnocchi; viene usato per saltare cibi in padella, o anche per rivestire il fondo degli utensili ed evitare che i cibi restino “incollati”, oppure come elemento centrale di secondi a base di carne, come il filetto al burro. Ricordiamo poi la preparazione di alcune salse tipiche dell’Europa continentale, come il burro nero francese, dalla colorazione nocciola, che condisce uova o pesce; la salsa olandese e la salsa bernese, con uovo e burro; il burro bianco, con aceto o vino ridotto.
Dal salato al dolce, perché è anche nell’ambito della pasticceria il burro si dimostra assolutamente indispensabile, o quasi, grazie alla consistenza solida, alla lavorabilità e al sapore gradevole, determinanti in particolare per il confezionamento di basi e impasti per torte, pasta frolla, pasta sfoglia e pasta brisé.
Nota importante: gli esperti consigliano di evitare di impiegare il burro comune per friggere, a causa di un basso punto di fumo; meglio rivolgersi al burro chiarificato, che invece brucia a temperature maggiori e consente di ottenere dorature molto croccanti e invitanti.
Proprietà del burro
Le qualità del burro sono da sempre oggetto di molte controversie anche tra gli esperti di nutrizione, e perciò osserviamo i numeri e i fatti prima di produrci in riflessioni. La composizione tipica di un prodotto in commercio prevede una quantità di grasso che si aggira tra l’80 e l’84%, poi acqua per il 15-18%, lattosio per 0,5-1%, proteine per 0,4-0,8% e infine sali minerali; approfondendo gli aspetti chimici, si riscontrano importanti dosi di vitamine, in particolare quella A, e un elevato contenuto di colesterolo e di acidi grassi saturi, come per tutti i grassi di origine animale. Da un punto di vista strettamente nutrizionale, il burro è dunque un ottimo alimento, che risulta anche facilmente digeribile, grazie al ricco apporto di acidi grassi a corta catena, benché molto calorico (717 calorie per una porzione di 100 grammi), ma a ben vedere più leggero rispetto all’olio di oliva o all’olio di semi, considerati succedanei per le cotture.
Tra le proprietà per così dire meno benefiche, c’è come accennato la presenza nella frazione grassa di trigliceridi, fosfolipidi, steroli e colesterolo. Eppure, dopo una fase di “demonizzazione” durata quasi un secolo, oggi si sta riscoprendo il valore nutritivo del burro (e in genere dei grassi, essenziali in una dieta sana), e anche gli specialisti ne consigliano il consumo in dosi equilibrate (a parte per i soggetti affetti da ipercolesterolemia); che il vento sia cambiato lo testimonia anche la copertina della prestigiosa rivista Time, che nel novembre 2014 titolava a tutta pagina “Eat Butter”, ovvero “mangiate burro”, spiegando i motivi di questa rivalutazione.
Volendoli sintetizzare, e in aggiunta a quanto già scritto, possiamo anche dire che il burro si rivela uno dei pochi alimenti in cui è presente la vitamina D, ormone fondamentale per preservare lo stato integro delle ossa e proteggere il sistema immunitario, e che consente anche di immagazzinare acidi grassi positivi, come gli omega 3 e gli omega 6, oltre che nutrienti fondamentali come calcio, proteine e vitamina A che derivano direttamente dal latte.
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