Con il nome di alga kombu o alga kelp si fa riferimento a un alimento molto utilizzato nella cucina, soprattutto orientale, per insaporire e addolcire le pietanze in modo naturale, per ammorbidire altri cibi o per il consumo semplice come verdura.
Non esiste una sola tipologia di alga kombu, perché il termine fa riferimento a varie tipologie di alghe brune appartenenti al gruppo delle laminarie, che sono di facile reperibilità perché crescono in abbondanza appena sotto la superficie dell’acqua. Più in dettaglio, la parola Kombu viene usata in modo specifico per due alghe brune della classe delle Feofice, ovvero la Saccharina japonica (Giappone, soprattutto nella zona costa sud-orientale di Hokkaido) e Laminaria digitata (Bretagna in Francia), e in lingua giapponese con Kombu si identifica proprio la loro parte destinata al consumo alimentare e quindi, per estensione, tutta la categoria. Pur variando molto nella forma, ci sono alcune caratteristiche comuni di queste alghe, come le fronde larghe, lisce e lucenti, e un altro nome utilizzato comunemente è cavolo di mare; la colorazione è tipicamente marrone scuro per la presenza del pigmento feocroma, che affianca la clorofilla.
Come le altre tipologie di alga marina, anche la kombu è ricca di iodio e povera di sodio; inoltre, questi elementi hanno un livello maggiore di vitamine e sali minerali rispetto a qualsiasi altro alimento, e in particolare l’alga kombu è ricca di proteine vegetali, di carotenoidi, clorofilla, enzimi e amminoacidi. Già da questo veloce elenco si intuisce che l’alimento, viste le sue proprietà nutrizionali, è ritenuto un buon integratore alimentare, apportando anche livelli sensibili di vitamine di vari gruppi, sali minerali, oligoelementi e zuccheri. Curiosamente, le alghe kombu hanno il più alto contenuto zuccherino tra le alghe marine, ma non hanno praticamente apporto calorico e quindi sono adatte anche al consumo dei diabetici.
L’alga kombu è un alimento dalle straordinarie proprietà benefiche e nutrizionali, che può essere utilizzato per contrastare una serie di problematiche legate al fisico; ad esempio, dato l’alto contenuto di iodio viene consigliata per il trattamento del gozzo e come stimolante del metabolismo energetico, ma vanta anche effetti antiossidanti e disintossicanti grazie anche all’acido alginico, favorisce la circolazione sanguigna, prevenendo la stitichezza e possiede un alto potere saziante per la presenza di ficocolloidi, alleato nelle diete dimagranti. Inoltre, l’alga kombu viene consigliata per bruciare calorie e contrastare la produzione di colesterolo cattivo, anche perché la presenza di acido glutammico insaporisce i piatti e li rende più digeribili.
Ci sono comunque delle precauzioni da osservare per il consumo di questo alimento; in primis, è sconsigliato mangiare alga kombu in gravidanza o durante l’allattamento, così come non è adatta in caso di patologie metaboliche, cardiopatie o ipertensione. In linea generale, poi, il consumo smodato può provocare effetti collaterali di varia entità, che possono essere anche gravi in presenza di ipertiroidismo.
Questo ingrediente è particolarmente utilizzato e apprezzato nella tradizione gastronomica orientale, soprattutto giapponese, anche perché molto versatile e utile per insaporire e rendere più digeribili le portate. Il gusto caratteristico dell’alga kombu, che è alla base del famoso gusto “umami”, la rende un ingrediente adatto ad addolcire in modo naturale i cibi, in particolare zuppe, legumi e minestre, ed è anche utilizzata come integratore per i suoi effetti dimagranti e lassativi.
Tra le ricette con l’alga kombu più famose c’è il dashi, una preparazione molto semplice che prevede anche l’utilizzo del katsuobushi e si realizza semplicemente mettendo a bagno una striscia di kombu nell’acqua per ottenere una base per zuppe e pasta in brodo, con cui preparare molti gustosi piatti giapponesi; altrettanto diffuse sono le applicazioni di quest’alga per aromatizzare il seitan o per arricchire la zuppa di miso.
Negli ultimi anni, la cucina macrobiotica internazionale ha iniziato a fare largo uso di alga kombu, soprattutto per fare piatti con i fagioli azuki e il gomasio alle alghe, ma è possibile anche cimentarsi nella preparazione di primi piatti come i ravioli alle alghe.
Questo prodotto può essere anche consumato come spuntino da sgranocchiare (ma bisogna far essiccare l’alga per alcuni giorni all’aria), mentre in Giappone è diffuso anche come elemento per preparare ricette speciali come le frittelle di Kombu.
Non è sempre facile reperire in commercio questo alimento; se le piattaforme di eCommerce rappresentano un buon canale di vendita, chi invece vuole trovare negozi fisici deve cercare quelli specializzati in alimentazione biologica, macrobiotica o etnica, e qusto fa intuire che i prezzi sono abbastanza elevati. In Giappone e in Oriente si trova commercializzata in varie forme, ma in Occidente e in Italia l’alga Kombu è venduta prevalentemente secca, impacchettata a strisce, in fiocchi, in polvere o in compresse; questo significa che, prima dell’utilizzo in cucina, bisogna metterla a mollo in acqua fredda per qualche minuto.
Il kombucha, tipico té addolcito e fermentato giapponese, ha tra i suoi ingredienti di base proprio l’alga kombu, e i monaci buddhisti utilizzavano diffusamente quest’alga per il proprio sostentamento, per rispettare le rigide regole che proibivano l’uso di qualsiasi ingrediente di origine animale.
Come accennato, il kombu si ricava soprattutto dalla laminaria japonica, pianta marina ricca di acido glutammico, da cui deriva il gusto dell’umami (il cosiddetto “quinto sapore”); in lingua nipponica, Kombu significa “felicità” e questa alga è considerata portatrice di salute e longevità.
In Occidente questo prodotto prolifica lungo le coste atlantiche ed è noto con diverse denominazioni, soprattutto wrack, tangle, oarweed, che fanno riferimento ad alcune caratteristiche peculiari della pianta: wrack significa semplicemente alga, tangle “millefoglie acquatico” mentre infine oarweed indica le erbacce che si attaccano ai remi delle barche.
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